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mi ritrovai per una selva oscura
ché la diritta via era smarrita…
Prova a canticchiare i versi introduttivi del Carme per antonomasia sull’aria di uno stornellino toscano e vedrai che il carattere sinistro della terzina più famosa al mondo cambierà radicalmente il tuo approccio all’Inferno Dantesco.
Perché proprio
Dante e perché proprio l’Inferno? Beh, Dante perché se lo merita! È il più
grande poeta al mondo e di tutti i tempi! Se la lingua italiana è quella che è,
il merito è tutto suo. Perfino Alessandro Manzoni ha fatto una capatina dalle
nostre parti non limitandosi a “sciacquare i panni in Arno” ma rivedendo, dal
punto di vista estetico e linguistico, l’intera stesura del proprio capolavoro,
“I promessi sposi”, per l’appunto.
E poi l’Inferno:
delle tre cantiche, è senza ombra di dubbio, la più varia, articolata,
misteriosa, intrigante, terrificante se non addirittura, lasciamelo dire,
di-ver-ten-te.
Ecco
che, dallo stornellino introduttivo di cui si parlava poco sopra, il libro si
dipana su un aspo già ampiamente noto tuttavia con un’identità propria.
Inizieremo
analizzando lo strano rapporto che legava Dante, ipocoristico di Durante, di
Alighiero degli Alighieri, alla signora Beatrice Portinari, da me
confidenzialmente ribattezzata la Bice, che si troverà ad affrontare la rivale
in amore, per l’appunto la Gemma, al mercatino del venerdì, in un alterco alla
fine del quale quello che ci rimette è proprio lui, Dante, l’oggetto della
contesa.
E
da lì, dopo aver affrontato le tre belve ed incontrato un gruppetto di signore
toscane di facili costumi che stazionano sul limitare della Selva Oscura in
abbigliamento ai limiti della decenza, descritte sulla famosa aria di Narciso
Parigi, oltrepasseremo la porta degli inferi in compagnia del fido vate
mantovano armato di GPS.
Ci
districheremo nei meandri del cono infernale e ce ne sarà per i cugini pisani,
per gli altri cugini, i lucchesi, per i politici, per i violenti, i truffatori,
i traditori, gli amanti, i golosi e tanti altri peccatori.
A
proposito di golosi, una mia creazione rap mi consente di spie-gare quanto io
sia goloso di un dolcetto tipico toscano al quale si attribuiscono nomi diversi
a seconda della località in cui viene prodotto: a Lucca è il famoso Buccellato,
in un forno del senese ho visto che lo chiamano Coccodrillo mentre a Livorno…
beh, per sapere come lo chiamiamo a Livorno, è necessario avere pazienza fino capitolo
dedicato. Perfino il gesto irriverente di Barbariccia troverà insperata gloria.
E
Lucifero? Lucifero è al centro del Cocito dai tempi dei tempi ed agita le
proprie enormi ali adirato come non mai… e vorrei vedere te al suo posto
condannato per l‘eternità all’immobilità quasi assoluta. Dai suoi piedi, dice
Dante, ma secondo me un po’ più insù, diciamo… in mezzo alla
radice delle cosce, si diparte la natural burella, che i due visitatori
affronteranno in preda alla smania di lasciare il cono maledetto. Bene, sarà
proprio Lucifero il risolutore della nostra vicenda agevolando, con un colpo
di… (diciamo) coda da maestro, la fuoriuscita della nostra coppia di eroi
rimasti incastrati in una strozzatura dell’angusto passaggio.
Le
quartine finali, sulla falsariga di quelle iniziali, ci condurranno sulla
spiaggia ai piedi della montagna del Purgatorio…
E QUINDI USCIMMO A RIVEDER LE STELLE